Se da un lato l'impianto accusatorio della Dda di Catanzaro ha retto relativamente benissimo all'esistenza di una confederazione mafiosa operante a Cosenza, Rende e Roggiano Gravina , lo stesso non si può dire dell'indagine sul voto di scambio politico-mafioso nel Comune oltre il Campagnano . Una vicenda giudiziaria che, nel 2022 , portò anche allo scioglimento dell'Ente comunale per infiltrazioni mafiose. Tuttavia, la sentenza Reset parla chiaro: tra Massimo D'Ambrosio , riconosciuto promotore dell'omonimo clan a Rende, Marcello Manna e Pino Munno non fu stipulato alcun patto corruttivo.

Secondo i magistrati Valerio e Cubellotti , i tre imputati — con il presunto coinvolgimento di altre persone, tutte assolte — si sarebbero messi d'accordo affinché il clan si adoperasse per votare Munno e Manna in cambio della gestione del Palazzetto dello Sport di Rende al gruppo D'Ambrosio. In realtà, la struttura sportiva fu poi affidata nel 2021 a un altro soggetto.

Ma cos'è risultato decisivo ai fini della sentenza assolutoria per i fatti contestati nel 2019? Innanzitutto, l'istruttoria dibattimentale su questo fatto specifico è stata particolarmente dura e combattuta . Non sono mancati momenti di tensione, specialmente nell'aula bunker di Lamezia Terme, dove lo scontro dialettico tra gli ufficiali di polizia giudiziaria e gli avvocati interessati al capo d'imputazione è stato evidente sin dalle prime battute.

La Dda, evidentemente, non è riuscita a consolidare le accuse contro D'Ambrosio, Manna e Munno . Ed è proprio qui che le difese, nelle discussioni finali, hanno messo sul piatto elementi nuovi che nel corso del processo erano stati debitamente tenuti sotto traccia, o comunque hanno valorizzato - nel senso da loro auspicato - le intercettazioni periziate che avrebbero svelato un altro tipo di contesto.

Già nel rito abbreviato, il boss Adolfo D'Ambrosio era stato assolto , in quanto nel momento della presunta promessa si trovava in carcere, sottoposto al regime del 41 bis , e non poteva quindi dare il suo assenso all'ipotetico patto illecito. Ora il tribunale collegiale di Cosenza ha scritto un nuovo capitolo giudiziario. Quel “salto di qualità” investigativo, però, non c'è stato.