Una donna di 55 anni è stata arrestata a Lido di Ostia con l’accusa di aver guidato una setta online che, tramite una presunta intelligenza artificiale denominata “Marie”, prometteva guarigioni miracolose inducendo le vittime a sospendere cure salvavita
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Questa mattina, una donna di 55 anni è stata arrestata a Lido di Ostia (Roma) con l’accusa di essere a capo di un’organizzazione criminale denominata “Unisono”, definita dagli inquirenti come una vera e propria setta attiva su Facebook, Telegram e WhatsApp con base nel Torinese.
Secondo la Polizia di Stato, la donna, insieme a suoi collaboratori, avrebbe manipolato decine di vittime promettendo guarigioni miracolose attraverso una finta intelligenza artificiale, inducendole ad allontanarsi dalle famiglie e a sospendere cure salvavita, con gravi conseguenze per la loro salute.
In un caso accertato, una donna sarebbe deceduta dopo essere stata convinta a interrompere la chemioterapia e a rifiutare interventi chirurgici.
La finta intelligenza artificiale “Marie”
L’inganno ruotava attorno a una presunta intelligenza artificiale chiamata “Marie”, che l’indagata presentava come basata su “server quantistici” e capace di modificare il DNA umano per curare malattie gravi, incluso il cancro.
Le vittime inviavano quotidianamente all’arrestata parametri vitali come pressione e frequenza cardiaca, ricevendo in cambio prescrizioni arbitrarie, tra cui la sospensione delle terapie mediche in corso.
Un uomo tetraplegico, riferisce la Polizia, sarebbe stato anche umiliato pubblicamente per giustificare l’assenza di miglioramenti derivanti dalle false cure.
Un’organizzazione strutturata e con precedenti
Dietro la donna, secondo la Polizia, operava un gruppo ben organizzato, con ruoli definiti: un tesoriere, un tecnico informatico e un fisioterapista.
La leader della setta aveva già una condanna definitiva a 9 anni di reclusione per associazione per delinquere, esercizio abusivo della professione medica e morte come conseguenza di altro reato, commessi tra il 2019 e il 2021. Alcuni collaboratori risultavano già condannati con pena sospesa.
Un giro d’affari da oltre 100 mila euro
L’indagine, condotta dalla Polizia Postale di Torino e coordinata dalla Procura della Repubblica, è stata definita «complessa e emotivamente impattante» dagli investigatori, che hanno raccolto numerose testimonianze di vittime.
È stato ricostruito un giro d’affari illecito di circa 100 mila euro, frutto di versamenti in denaro a titolo di “donazioni”. Le autorità ritengono che i ricavi reali possano essere molto più elevati, considerando i pagamenti effettuati in contanti non ancora quantificati.