Lesioni aggravate dal metodo mafioso per punire un affronto al monopolio della droga. Assolti nel rito abbreviato del processo Reset Antonio e Luigi Abbruzzese
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È il gennaio 2013 quando un uomo viene colpito con un’arma da fuoco in pieno giorno, nel cuore di via Popilia a Cosenza, durante un funerale. Un’esecuzione mancata che la Procura antimafia di Catanzaro collega a un dissidio sul controllo del mercato della droga. A distanza di anni, il gup del Tribunale di Catanzaro, nell’ambito del processo abbreviato Reset, ha pronunciato una condanna per lesioni aggravate dal metodo mafioso nei confronti di Nicola Abbruzzese, ritenuto l’autore materiale del ferimento. Assolti invece Luigi e Antonio Abbruzzese, accusati inizialmente come coautori.
L’agguato e la pista dello spaccio “non autorizzato”
Secondo quanto ricostruito, la vittima avrebbe violato il monopolio dello spaccio di eroina detenuto dalla consorteria mafiosa cosentina, acquistando stupefacenti tramite canali esterni, in particolare dai suoi cugini di Africo Nuovo. Il gesto viene letto come una sfida all’ordine imposto dal clan e punito con un colpo d’arma da fuoco.
La prima svolta investigativa arriva nel gennaio 2014 grazie al collaboratore di giustizia Silvio Gioia, presente al funerale: «Ho visto Luigi e Nicola Abbruzzese e il cognato Antonio discutere animatamente» la persona offesa. Poco dopo ho sentito gli spari e li ho visti allontanarsi a bordo di una Fiat Punto Abarth nera, targata CZ».
Gioia riferisce anche che una testimone avrebbe indicato Nicola Abbruzzese come colui che ha sparato, notizia poi confermata dalla stessa vittima.
La conferma dei collaboratori e la confessione
La collaboratrice Anna Palmieri, interrogata nel 2019, afferma che l’azione fu motivata dal fatto che Meduri aveva acquistato eroina a Napoli: «Per quanto riferito da mio cognato Luigi, in realtà a sparare fu Nicola». Una versione rafforzata da Ivan Barone, che dichiara: «So che il tentato omicidio è stato commesso da Nicola Abbruzzese. Me lo hanno detto Marco e Luigi Abbruzzese, spiegandomi che era una punizione per lo spaccio sottobanco».
Nel corso del giudizio arriva anche la confessione spontanea di Nicola Abbruzzese, che riconosce la propria responsabilità nel ferimento dell’uomo.
La riqualificazione del reato e le assoluzioni
Il giudice Fabiana Giacchetti ritiene che gli elementi raccolti non consentano di configurare il tentato omicidio, ma solo il reato di lesioni personali aggravate.
«Non è dimostrata l’intenzione di uccidere - spiega il giudice - bensì solo quella di ledere l’integrità fisica della vittima». È stato quindi riqualificato il capo 75 da tentato omicidio in lesioni (ex artt. 582, 585 e 416-bis.1 c.p.).
Assolti invece Luigi e Antonio Abbruzzese, per i quali non emergono elementi diretti di partecipazione: «La presenza sull’autovettura non basta a dimostrare il concorso. Né i collaboratori né l’imputato li indicano come coautori».